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Riomaggiore

 

“Vigneti terrazzati delle Cinque Terre, di Riomaggiore, battuti dal Libeccio, riarsi dal sole. Terra sassosa impastata di sudore antico sparso per amore e non per castigo.” (Siro Vivaldi)

Riomaggiore
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Cinque Terre” é sapore di mare, ma anche di bosco e di sentieri. Esperienze sensoriali uniche, al limite del terzo tipo. Ci incantano, le “cinque piccole sorelle”, per quel loro non volersi esporre al turismo di massa, eppure venendo da esso ugualmente glorificate.

Di un quintetto che poi non è altro che un agglomerato di borghi irti e fatti di case torri strette e colorate, di fazzoletti di orti, di muretti a secco e vigneti terrazzati, di pinete a strapiombo sul Tirreno blu cobalto…la mattina presto, come un cielo di Van Gogh, dove un villaggio, su tutti, pare ancora immerso nella profondissima quiete dei Primi del Novecento.

Roba da treni, rare automobili, e tanto lavoro nei campi. Davvero tantissimo lavoro a carponi nei vigneti terrazzati, negli orti di lattuga rugiadosa, o fra le lingue dei fiori di zucca, abbastanza da stupirsi quando vieni a conoscenza del fatto che il piatto tipico non è, come ci si potrebbe aspettare, una portata di mare, bensì di terra, la turta de risu rimasta uguale alla ricetta tradizionale e sfornata a chili in occasione della festa patronale – “Giovanni Battista veglia su di noi”.

E’ il più orientale dei Comuni delle Cinque Terre, e il nome lo prende dal torrente messo di traverso tra lui e la sua valle: secondo i Romani, bisognava rivolgersi al flusso delle acque con l’appellativo di Rivus Major.

E secondo gli abitanti, dei quali, ci dicono le cronache, bisogna guardarsi perché sono tra i più scaltri pescatori del Levante ligure, dopo i compari lericini – grazie a discendenze elleniche –, starsene sul cucuzzolo delle colline non aveva più molto senso, e così rimboccate le maniche, si amplia il borgo scendendo alla fino alla “marina”: più o meno intorno all’ AnnoMille.

Rimazùu il nome più vero ed autentico, nel cui rombante echeggia la musicalità dello spezzino, ed invero neanche tanto, perché il dialetto locale è un mistero a sé stante.

I famosi terrazzamenti che caratterizzano il territorio, quelli, magari c’erano da prima, o magari l’uomo ne ha fatto una scorta buona a rendere l’impronta antropica un po’ meno invadente.

Avrete capito, parliamo di Riomaggiore, in provincia della Spezia. E Riomaggiore, da quando i vecchi viticoltori giocavano a rubamazzo, è sempre stata un saliscendi di case-torri genovesi immerse nel frinire delle cicale, chiassose vicine, e nascoste tra le pinete, nonché sepolta tra certi gradoni incisi nella ripida catena montuosa che si distacca dall’Appennino presso il Monte Zatta – catena ricca in arenaria, da cui si ricava l’uva migliore, l’uva destinata allo Sciacchetrà…

A imbuto, metà mare e metà terrazze-gradoni lussureggianti, Riomaggiore conta una rete di sentieri creati apposta per gli appassionati di trekking. Intramezzo, le bucoliche vedute buone a spremere ogni goccia di sapere dal celeberrimo turismo esperienziale, ed eccoli, i turisti imboscati in laboratori dentro cantine (li chiamano laboratoridel gusto”, perché ci macini il pesto e ti senti un po’ parte dell’arredo) e cantine che stipate di chincaglierie hanno l’aspetto di soffitte.

Ma create da chi? Dalla natura generosa, medesima autrice di best-sellers come i tappeti di posidonia oceanica, guizzi di murene zebrate e mattinate di bonaccia sempre utili a cimentarsi nello snorkeling lungo la bellezza, ininterrotta, venuta a placare le asperità dell’arco costiero… attenzione, però, perché appena torna il freddo, e il vento uggioso della Val di Vara si fa sentire, a Riomaggiore arrivano ancora le mareggiate portate dal Libeccio.

Poi, il borgo è noto pure per i suoi campanili. Composto da due parti distinte, edificate seguendo il ripido corso del torrente, sfoggiano entrambe e beatamente certi ordini di casupole, le case-torri citate, alte, rosa e polverose, fondate sugli archi in pietra dei labirintici magazzini per il vino: la parte numero uno è il nuovo quartiere della stazione, andato per ingrandirsi a partire dalla seconda metà del XIX secolo, dopo che la ferrovia ha collegato Riomaggiore al resto del mondo.

La parte numero due, invece, prende il sole nell’adiacente conca del torrente Rio Finale. Fanno parte del Comune anche le frazioni di Manarola, Volastra e Groppo.

Ciliegina sulla torta, a vedere Riomaggiore dal basso, magari seduti comodi in battello, possiamo scorgere il santuario mariano di Montenero, una scena rubata ai moti stilistici di Umberto Eco.

E se la fortuna di una giornata limpida ci spinge fino in cima, il piacere diviene doppio, perché la panoramica abbraccia l’orizzonte tanto lontano da metterci una punta di Toscana, e qualcosa della Corsica. E la magia di testimoniare per l’unicità Riomaggiore non termina qui…

Cinque Terre” é sapore di mare, ma anche di bosco e di sentieri. Esperienze sensoriali uniche, al limite del terzo tipo. Ci incantano, le “cinque piccole sorelle”, per quel loro non volersi esporre al turismo di massa, eppure venendo da esso ugualmente glorificate.

Di un quintetto che poi non è altro che un agglomerato di borghi irti e fatti di case torri strette e colorate, di fazzoletti di orti, di muretti a secco e vigneti terrazzati, di pinete a strapiombo sul Tirreno blu cobalto…la mattina presto, come un cielo di Van Gogh, dove un villaggio, su tutti, pare ancora immerso nella profondissima quiete dei Primi del Novecento.

Roba da treni, rare automobili, e tanto lavoro nei campi. Davvero tantissimo lavoro a carponi nei vigneti terrazzati, negli orti di lattuga rugiadosa, o fra le lingue dei fiori di zucca, abbastanza da stupirsi quando vieni a conoscenza del fatto che il piatto tipico non è, come ci si potrebbe aspettare, una portata di mare, bensì di terra, la turta de risu rimasta uguale alla ricetta tradizionale e sfornata a chili in occasione della festa patronale – “Giovanni Battista veglia su di noi”.

E’ il più orientale dei Comuni delle Cinque Terre, e il nome lo prende dal torrente messo di traverso tra lui e la sua valle: secondo i Romani, bisognava rivolgersi al flusso delle acque con l’appellativo di Rivus Major.

Riomaggiore

E secondo gli abitanti, dei quali, ci dicono le cronache, bisogna guardarsi perché sono tra i più scaltri pescatori del Levante ligure, dopo i compari lericini – grazie a discendenze elleniche –, starsene sul cucuzzolo delle colline non aveva più molto senso, e così rimboccate le maniche, si amplia il borgo scendendo alla fino alla “marina”: più o meno intorno all’ AnnoMille.

Rimazùu il nome più vero ed autentico, nel cui rombante echeggia la musicalità dello spezzino, ed invero neanche tanto, perché il dialetto locale è un mistero a sé stante.

I famosi terrazzamenti che caratterizzano il territorio, quelli, magari c’erano da prima, o magari l’uomo ne ha fatto una scorta buona a rendere l’impronta antropica un po’ meno invadente.

Avrete capito, parliamo di Riomaggiore, in provincia della Spezia. E Riomaggiore, da quando i vecchi viticoltori giocavano a rubamazzo, è sempre stata un saliscendi di case-torri genovesi immerse nel frinire delle cicale, chiassose vicine, e nascoste tra le pinete, nonché sepolta tra certi gradoni incisi nella ripida catena montuosa che si distacca dall’Appennino presso il Monte Zatta – catena ricca in arenaria, da cui si ricava l’uva migliore, l’uva destinata allo Sciacchetrà…

A imbuto, metà mare e metà terrazze-gradoni lussureggianti, Riomaggiore conta una rete di sentieri creati apposta per gli appassionati di trekking. Intramezzo, le bucoliche vedute buone a spremere ogni goccia di sapere dal celeberrimo turismo esperienziale, ed eccoli, i turisti imboscati in laboratori dentro cantine (li chiamano laboratoridel gusto”, perché ci macini il pesto e ti senti un po’ parte dell’arredo) e cantine che stipate di chincaglierie hanno l’aspetto di soffitte.

Ma create da chi? Dalla natura generosa, medesima autrice di best-sellers come i tappeti di posidonia oceanica, guizzi di murene zebrate e mattinate di bonaccia sempre utili a cimentarsi nello snorkeling lungo la bellezza, ininterrotta, venuta a placare le asperità dell’arco costiero… attenzione, però, perché appena torna il freddo, e il vento uggioso della Val di Vara si fa sentire, a Riomaggiore arrivano ancora le mareggiate portate dal Libeccio.

Poi, il borgo è noto pure per i suoi campanili. Composto da due parti distinte, edificate seguendo il ripido corso del torrente, sfoggiano entrambe e beatamente certi ordini di casupole, le case-torri citate, alte, rosa e polverose, fondate sugli archi in pietra dei labirintici magazzini per il vino: la parte numero uno è il nuovo quartiere della stazione, andato per ingrandirsi a partire dalla seconda metà del XIX secolo, dopo che la ferrovia ha collegato Riomaggiore al resto del mondo.

La parte numero due, invece, prende il sole nell’adiacente conca del torrente Rio Finale. Fanno parte del Comune anche le frazioni di Manarola, Volastra e Groppo.

Ciliegina sulla torta, a vedere Riomaggiore dal basso, magari seduti comodi in battello, possiamo scorgere il santuario mariano di Montenero, una scena rubata ai moti stilistici di Umberto Eco.

E se la fortuna di una giornata limpida ci spinge fino in cima, il piacere diviene doppio, perché la panoramica abbraccia l’orizzonte tanto lontano da metterci una punta di Toscana, e qualcosa della Corsica. E la magia di testimoniare per l’unicità Riomaggiore non termina qui…

Come arrivare

VIA MARE

Nonostante il percorso in battello prenda più tempo, il viaggio via mare é una garanzia per godersi gli itinerari che inframmezzano un paesino e l’altro. Oltre a questo, in effetti, considerando che le Cinque Terre sono dei veri e propri siti portuali – escludendo Corniglia, carente di uno sbocco sulla costa –, perché non affidarsi con fiducia all’ente che amministra le tratte: il Consorzio Marittimo Turistico 5 Terre-Golfo dei Poeti.
Il costo del biglietto varia molto in base al tipo di percorso scelto e al periodo dell’anno, ugualmente al tipo di imbarcazione e portata. Possono fare per voi le semplici gite in barca oppure, con l’intenzione di spendere il pomeriggio intero, chiedete della sosta lunga. Durante il vivo della stagione estiva, ci sono battelli che partono da e per le Cinque Terre anche dalla Versilia, Viareggio e Forte dei Marmi comprese, mentre le corse abituali arrivano a toccare altri bei punti panoramici del Levante Ligure, da Levanto, a Deiva Marina, Moneglia, Portofino, senza dimenticare l’isola della Palmaria e Portovenere nell’omonimo parco naturale regionale.

VIA AEREA

Gli aeroporti più vicini rimangono il Cristoforo Colombo a Genova, a circa un’ora di percorso aggiuntivo da affrontare in treno o in automobile, e il Galileo Galilei di Pisa, anche quello collegato alle relative stazioni dei treni; Riomaggiore é raggiungibile a livello immediato col Regionale, o facendo scalo alla Spezia prenotando l’Intercity. Anche gli aeroporti di Malpensa e Orio al Serio, se scendete da dai voli internazionali, possono essere una valida soluzione, con l’ovvio scalo in Stazione Centrale di Milano per dirigersi fino alla Spezia.

VIA TERRA

Sconsigliamo, per ragioni pratiche, di recarvi in paese con l’automobile. Ad ogni modo, potete sempre decidere di lasciare il mezzo a La Spezia, e proseguire per Riomaggiore in treno.
Riomaggiore è la prima delle Cinque Terre, partendo dalla Spezia, ed è quindi collegata come lo é il capoluogo alle diramazioni della A12 Genova-Livorno e della A15 Parma-La Spezia, entrambe allacciate al casello, ovviamente, La SpeziaS. Stefano Magra. Dalla Spezia si attraversa Via Carducci fino alla SS 370, altrimenti detta Litoranea delle Cinque Terre, e in una ventina di minuti siete sul posto. A piedi, Riomaggiore si collega facilmente tramite i sentieri che passano sopra Campiglia-Tramonti e sbucano nei pressi del Colle del Telegrafo, mentre da Riomaggiore in poi necessaria sarà una scarpinata dritti puntati su Manarola, la successiva borgata, affrontando un intrico di stradine costeggianti Via Beccara. Il nucleo del centro storico, a Riomaggiore, è chiuso alla circolazione, e i parcheggi più vicini sono fuori mano o a pagamento. Ed infine, la famosa Via dell’Amore, la quale, ormai da parecchio tempo, figura come chiusa per via dei lavori, si prevede riaprirà a breve, quindi potreste essere tra i fortunati nuovi visitatori.
Il treno si afferma in qualità di collegamento principe, più agevole ed economico. La frequenza è di circa una corsa ogni mezz’ora, ma per variazioni o ritardi ci sembra opportuno rimandarvi al sito di Trenitalia.

Come spostarsi

Riomaggiore é la proporzione aurea di quello che si definisce “terre irte”. Ma, se scendete a patti con i gradini, tantissimi, le salite, inerpicate, e i porticati, ombrosi e pieni di vasi di piante, sarete a casa.

E lo sarete perché potrete fare incetta di sorprese assai più meravigliose della fatica di esplorare la zona. In primis, la fitta rete di sentieri che ricoprono la collina, salendo dal versante marino alle pendici del monte; secondariamente, il bellissimo murales a tema che precede il lungo tunnel, una sorta di portale magico, collocato all’imbocco della stazione e che ci porta fino al centro storico.

Superato il buio, proseguendo verso sinistra si va proprio in bocca alle case d’epoca e alla schiera di panni stesi ad asciugare, mentre sulla destra rimane l’area deputata al belvedere e agli scogli, sorta di rustica e unica zona balneabile.

A proposito del centro storico. Il nucleo originario si fa risalire al XIII secolo, abbiamo detto dove prima sorgeva l’antico Rivus Major dal quale il borgo prende l’appellativo. Il nuovo quartiere, la parte che l’arrivo della ferrovia ha incentivato, è situato invece nell’adiacente valle del torrente Rio Finale, e adesso sappiamo che e’ stato così denominato in quanto segnava il confine tra le terre di Riomaggiore e quelle di Manarola. Entrambe le vallate fluviali vengono separate dalla costa di Campiòne. Le tre cime rappresentate dalle immagini complici di darci il benvenuto, sono la trasposizione artistica della veduta che ammiriamo guardando al monte Verugola.

Tenete presente che le vie di collegamento fra Riomaggiore e il resto del Levante, per moltissimi anni, erano mulattiere e radure ora riadattate a sentieri praticabili dal CAI. Arrampicandosi sui terrazzamenti, fra le pinete e le agavi onnipresenti, i percorsi, tutti ben segnalati, saranno in generale tre: il Sentiero Numero 1, o Alta Via delle Cinque Terre, che affianca il crinale al confine con la Val di Vara, il Sentiero dei Santuari, capace di unire la bellezza del mare alle chiesine mariane, e il Sentiero Numero 2, altrimenti chiamato Sentiero Azzurro, che collega Riomaggiore ai quattro borghi rimasti.

Allo stesso modo dei suoi vicini, Riomaggiore evolve seguendo le dorsali del monte e potrebbe sembrare davvero molto piccola. Al di là di una mezza giornata a piedi, infatti, non vi verrà chiesto molto altro per visitarla, eppure considerate che delle Cinque é una delle maggiori.

La direttrice principale, Via Colombo, è la via del commercio e rinforza le tasche degli esercenti che qui scelgono di condurre le proprie attività, dunque parliamo di negozietti, bar, ristoranti e gelaterie: domina sopra ogni cosa il castello, il quale, inizialmente, fu voluto a scopo difensivo. Oggi viene riconvertito in centro convegni e spazio culturale. Per raggiungerlo, pagate dazio con una ulteriore moneta di scalinate, soprattutto se partite dalla costa di Campiòne, il punto più basso del paese.

Concluso il giro, scendendo dal castello e verso il centro abitato, trasferiamo la bellezza del bastione sulla lunga facciata del municipio di Riomaggiore, anche lui ricoperto dai colori sgargianti di un secondo, attualissimo murales.

Da non dimenticare, infine, il nuovo panoramico ed emozionante sentiero che costeggia la scogliera partendo dalla stazione ferroviaria portandovi direttamente alla “marina” del borgo o nei carruggi del centro storico.

Cucina

…Che non perde di vista il bicchiere. O il “gotto”, in questo caso. Perché a Riomaggiore si mangia e si deve bere.

Il primo antichissimo promotore della qual cosa fu Plinio (I sec. D.C.), che definisce il vino di Riomaggiore come il migliore dell’Etruria.

Si tratta di un bianco, a catalogo definito giallo paglierino, il nome: Cinque Terre DOC. La bevuta gentilmente offerta risulta dal frutto dell’unione di uve di Bosco, Vermentino o Albarola, insaporita non solo dalla concentrazione di zuccheri nell’acino impiegato, piccolo e profumato, ma anche e soprattutto dalla vicinanza al mare ed al salmastro, che arrotonda il sapore, vicinanza tra l’altro accentuata proprio sulla china su cui svetta il posto; il sapore di erba di campo lo sentite eccome. Grappe e spumanti a piacere, chiedete in Cantina Sociale Cinque Terre

Meno versatile e ingentilita è la tradizione gastronomica, inutile dirlo, legata agli elementi poveri delle asperità di colline e terrazzamenti. Ma le zucche spuntano bell’e pronte e rigonfie e gli ortaggi da dissotterrare, e i citroni, i cosiddetti limoni, tengono compagnia al basilico, la maggiorana e la salvia, insieme a essenze spontanee come l’origano e la borragine, bontà loro restano indispensabili e vengono utilizzate sia nella preparazione dei primi, sia dei secondi piatti.

Beneficio ne trae anche il miele, raccolto da fioriture spontanee di timo, erica e rosmarino, per il millefiori, o dalla lavorazione di alberi quali acacia e castagno. Pregiato, l’olio di oliva delle Cinque Terre, che conserva tutte le caratteristiche organolettiche proprie di un prodotto a cui il clima tanto salubre quanto generoso ha reso onore.

Principe della gastronomia, e a giusta ragione, rimane il pesto, la classica salsa a base di basilico e pinoli con cui condire la pasta fresca – eccezionali le trofie, talvolta scritte e pronunciate con una effe sola, lavorate a mano, e al piatto, nella versione contadina, vanno aggiunte patate e fagiolini sbollentati. Una salsa simile, meno famosa, prende piede tra le tavole del Corniolo, fatta con una base di peperoni ed acciughe.

I “pansotti” guarniti con salsa di noci si trovano un po’ dovunque, tra le Cinque Terre e la Val di Vara, ma perché non approfittarne, specie se il sughetto è cucinato espresso.

Regale, alla stessa maniera, tra gli antipasti spicca il fritto misto, facile che divenga piatto unico, e due ingredienti che abbondano, in questi lidi, da tuffare nella pastella e friggere: salutiamo i fiori di zucca, e le frittelle di “gianchetti”, l’assaggio merita quando entrambi sono appena usciti dalla padella.

Apprezzatissime le carni di magro, e siccome i pascoli non esistono, negli arrosti, così come nella cima, non mancano ripieni. La cacciagione va sfumata in casseruola, ci si aggiungono olive, tocchetti di cipolla di Treschietto e ginepro, perché il sapore di selvatico va mitigato, ma se è il cacciatore a portare la preda in ghiacciaia, l’effetto, garantiamo, non sarà per niente male.

Il minestrone è un altro grande protagonista assieme alle zuppe, ricordiamo che il mai sufficientemente bastante “prebuggiun”, o la “mesciua”, di ingredienti di riciclo e ridotti all’osso la sanno lunga.

Saraghi, branzini, dentici ed orate, assieme alla disponibilità di acciughe che si pescano in quel di Monterosso, si prediligono freschi, e in verità non c’è scelta: il pesce, a Riomaggiore, che lo vogliate o no vi strizza ancora l’occhiolino. Immancabili i “muscoli ripieni”, vale a dire le cozze, cotte nel loro brodino, con il sugo e un bel cuscino appetitoso, dentro il guscio che si apre piano piano, di mortadella, parmigiano e pangrattato.

Coi primi freddi, ecco arrivare in soccorso il bosco e le preparazioni sotto sale. Spazio allo stoccafisso con le bietole, nella ricetta “a zemin”, e ai profumatissimi castagnacci, i canestrelli liguri da inzuppare nel vinello passito, anche quelli un privilegio assoluto di chi gira per le Cinque Terre.

Tributo alle radici strettamente contadine, non è comunque il pescato che eleva Riomaggiore, al contrario: importantissimo permane il riciclo, e ugualmente importante la coltivazione della terra, quindi ecco come le torte salate, quali la “pasqualina” e quella “di riso”, diventano compromesso riuscito fra l’aperitivo e il pasto vero e proprio.

E la pratica rende audaci, perché di conseguenza pure la ristorazione locale, qui, è essenziale, quasi alla mano, composta prevalentemente da agriturismi e piccole taverne, o locande del gusto e laboratori dove le torte e il pesto te le, letteralmente, fai da te. Ma la selezione di pesce, e come sempre di vini, è buona e al passo con i trend più attuali.

Arrivata l’estate, quasi sempre, i coperti sono all’aperto, e vi godete non soltanto la cucina casalinga, ma la migliore vista mare possibile.

Un po' di storia...

Le cronache, o leggende che ci piace dare per vere, riportano di come i primi abitanti del luogo fossero non tanto pescatori, quanto provetti coltivatori. E la ragione va cercata nei natali di costoro, profughi venuti dalla Grecia, in fuga da Leone III Isaurico detto l’Iconoclasta, intorno al VIII secolo.

Il gruppo ebbe modo di insidiarsi molto più a monte dell’odierna circoscrizione, all’incirca sul crinale di Montenero, scendendo al mare solo dopo la massiva espansione della Repubblica di Genova, ed il conseguente giuramento di fedeltà alla medesima. La Superba, suo malgrado, diede ritrovata sicurezza al nucleo di casolari sparsi, che ancora non contava le anime di oggi, ubicato nei pressi dell’ex distretto di Carpena, e così, ecco scendere tutti quanti verso il mare, fondando i primi agglomerati del Quartiere della Marina, alla foce del rio, ovvero del fiume.

La discesa consentì un più tranquillo accesso al mare, da cui poter sviluppare commerci veloci e sicuri. E’ allora che vengono costruite le maggiori fortificazioni, ivi incluso il castello. Siamo intorno al 1200: il dominio, che ufficialmente era dei signori di Ripalta, passa in mano al marchesato dei Fieschi, il quale poi lo cede alle autorità vescovili di Luni, di uguale discendenza.

Successivamente, Riomaggiore e gran parte del Levante Ligure sarà venduto a Genova che, già in passato, aveva garantito il protettorato.

Col passare degli anni e la fervente attività di pesca, agricoltura e trasporto di marmo inevitabilmente fioriti, si cominciarono i lavori di valorizzazione, e con essi si ammansì la montagna tramite i primi riusciti esperimenti della murazione a secco, a loro volta base per quella che diverrà un attività se possibile ancor più redditizia: l’arte di produrre vino buono e pregiato.

Con l’economia cresciuta, ulteriori rifacimenti atti a migliorare la splendida cittadina che stava diventando Riomaggiore… la costruzione della chiesa di Giovanni Battista, ad esempio, si avvierà proprio per volontà del vescovo Antonio Fieschi.

Con la successiva dominazione francese di Napoleone Bonaparte, il borgo rientrerà nel Dipartimento del Golfo di Venere, con capoluogo La Spezia, e nel 1815 verrà inglobato nel Regno di Sardegna, subendo le più disparate sorti legate a concessioni e possedimenti catastali, eppure nulla perdendo della sua incredibile espansione commerciale.

I gozzi rimarranno a beccheggiare molto più a lungo, ancorati al porticciolo, quando verrà il momento della linea ferroviaria Genova-La Spezia, promotrice di quello che il tempo moderna reca con se’.

Il progresso, toccata Riomaggiore quasi in sordina, sopravvive tra l’altro al Secondo Conflitto, e, come accennato, rompe l’isolamento secolare con la seconda grande cerniera che la collegherà al resto della Liguria: la strada carrozzabile.

In tempi recenti, Riomaggiore la conoscono in tutto il mondo non solamente per il vino e l’olio, figlio dei possedimenti digradati fino a Bonassola, o la peculiare tradizione gastronomica, ma anche per le bellezze naturalistiche che man mano, negli ultimi vent’anni, vengono riconosciute e protette dall’Unesco; i panorami rubati guardando alla scogliera, quando si salgono le ripide scalette affianco alle quali si apre l’intero paese, forniscono – in un certo senso – l’indubbio marchio di qualità da ricercare quando visitiamo le Cinque Terre.

Natura

Se Riomaggiore è la meta, non possiamo evitare di menzionare il suo incontaminato, verdissimo anfiteatro in qualità di viaggio, di ascetico percorso: signori, benvenuti al Parco Nazionale delle Cinque Terre.

L’area copre una grande parte di costa della Riviera Ligure di Levante, e comprende, naturalmente, gli altri quattro comuni. In lungo e in largo per i numerosi metri di dislivello della costa, l’ecosistema riesce a soddisfare chiunque, regalandoci microclimi diversi.

Motivo per cui in ogni stagione, ma in particolare d’estate, tra le Cinque Terre e la vicina La Spezia quasi di certo vi capiterà di avvertire lo straordinario stacco di clima; l’aria si fa più calda, eppure mai afosa, perdendo il grosso dell’umidità cittadina. Riomaggiore, dal canto suo, invita a rinfrescarsi fino a ottobre inoltrato.

Questa caratteristica si deve alla catena montuosa che si affaccia sul mare, una sorta di stretta e lunga cordigliera alta oltre gli 800 metri, ed al Corniolo, una piccola ma stoica collina che divide Manarola da Riomaggiore, insieme divenute valido riparo dai venti di maestrale tipici della zona, nonché dalle nebbie che rimangono frequenti soltanto avanzando di quota.

Dovunque, sprigionatisi dal tepore che il bel tempo concede loro, il corbezzolo, l’origano, la salvia, il rosmarino e gli “odori” dell’orto lavorano le nostre cellule olfattive creando una specie di dolce, inusuale dipendenza. Alle quote più elevate, la macchia mediterranea perde mordente e boschi di lecci, pini marittimi e d’Aleppo sostituiscono la tonalità di verde più accesa. Nel versante che ci interessa, fitti sono i viluppi di olmi e carpini, richiamati dalla presenza delle acque.

Riguardo agli animali, l’avifauna di Riomaggiore conta frequentatori assidui, che vediamo nel gabbiano reale, così come nei falchi pellegrini, nelle poiane e in un amico arrivato dalle pozze di Fiumaretta, il maragone dal ciuffo. Tra gli indicatori della corretta gestione di questo parco, annoveriamo il picchio verde e il tasso, volpi e qualche sporadico lupo sceso a valle attraverso le Apuane. Prestate attenzione, se doveste decidere di allontanarvi dalle zone battute, a vipere e cinghiali.

Buono a sapersi, l’impatto dell’uomo sull’ambiente rende il Parco Nazionale delle Cinque Terre un esempio più unico che raro di coabitazione riuscita. Infatti, è da millenni che su queste aspre montagne gli abitanti si ritagliano aree coltivabili per poter sopravvivere in fasce di terreno anticamente coperte da un fitto manto boschivo, e dove alberi hanno piegato la chioma e rocce vengono ancora frantumate, ecco che la natura viene ugualmente lasciata libera di esprimersi, tramite la costruzione dei cosiddetti muri a secco. In questo modo, nulla si distrugge: cambia semplicemente forma.

Le terrazze sono state, man mano, e con molta pazienza, prima interessate dalla coltura di svariati alberi da frutto e di olivi – fatto che permane andando in direzione di Levanto e Bonassola – e solo poi dalla vite, frutto grazie al quale otteniamo il sempre rinomato Sciacchetrà, vino passito prodotto dai vitigni Bosco, Albarola e Vermentino.

Ne va, dunque, che l’incontro fra uomo e natura ha portato ad una valorizzazione del territorio impensabile, altrove, e piccoli borghi ancora fermi alle antiche maestranze, ai metodi di salvaguardia tradizionale, confermano quanto sia fondamentale rispettare i valori ambientali, proteggendo la zona dal pericolo dell’eccessiva espansione edilizia.

In cambio, con un po’ di rinuncia, l’uomo ottiene un’economia fiorente basata su turismo e produzioni agricole di livello altissimo, a chilometro zero e a tutela della biodiversità.

La costa, pressoché mancante di tratti pianeggianti, emerge dalle profondità marine alta e frastagliata, ricca di grotte e anfratti. Le poche spiagge, la cui totalità resta ciottolosa, sono il risultato di apporti detritici dei corsi d’acqua, di frane o di accumuli di materiali lasciati volutamente dietro all’uomo. Sorte identica tocca alla spiaggia di Riomaggiore, che di sabbioso non ha praticamente niente se non la lingua terminale lungo il bagnasciuga.

Acque fonde e correnti labirintiche attendono i nuotatori che non conoscono la pericolosità di un tuffo fuori dalle opportune sedi di balneazione, i problemi vengono scongiurati restando vicini alla riva. Il fatto, se anche a prima vista sembrerebbe allontanare i curiosi e i meno esperti, dovrebbe dire molto sulla pulizia di un Mediterraneo quasi a sé stante: l’intera Area Marina Protetta, consideratene le caratteristiche ambientali, sotto l’egida dell’ ente-parco, è giurisdizione, in seconda battuta, del Santuario “Pelagos” per i mammiferi marini, riconosciuto nel 1999 e testimonianza di una eccezionale cooperazione tra Francia, Principato di Monaco e Italia (che conta, di per sé, Liguria, Toscana e Sardegna). Nell’area del Santuario, non solamente per la corretta azione termoregolatrice del mare, si stima la presenza di un migliaio di balene, oltre a occasionali balenottere minori, globicefali e stenelle, che nello specchio antistante le Cinque Terre si muovono sia alla ricerca del cibo, sia per trovare i siti migliori dove riprodursi.

Non meno importante, l’ultimo ingranaggio deputato al mantenimento delle zone a carattere naturalistico, cui dobbiamo anche l’approvvigionamento delle materie prime e la messa in sicurezza dei sentieri – non si conservano, di certo, da soli – lo individuiamo nell’acquisto della “5 Terre Card”. Lo strumento, preziosissimo, fornisce sconti per i trasporti, visite guidate, partecipazione alle attività di laboratorio, servizio wi-fi e la possibilità di accedere alla rete sentieristica, tutta, del Parco Nazionale delle Cinque Terre.

Luoghi d'interesse

Voluta inizialmente negli Anni Trenta per raggiungere Manarola, possiamo valutare come interessante la celeberrima Via dell’Amore; purtroppo, ad oggi è vietato percorrerla se non per un breve tratto a partire dalla stazione di quest’ultima, ma i lavori procedono a gonfie vele e, presto, sappiamo aspettarci la nuova apertura secondo tutta la lunghezza del tracciato.

Dodici chilometri di sentiero, ottenuti incuneandosi nella roccia a picco sul mare, formano il più lungo percorso pedonale di cui la Via dell’Amore, assai breve, in realtà, fa parte, e tali sono i colori posti tra la terra e il paesaggio all’orizzonte, che i metri a disposizione fra i due assumono il pittoresco appellativo di Sentiero Azzurro (C.A.I. n. 2). Per tre quarti colline lussureggianti, e per i restanti immersi nella soleggiata atmosfera del Mar Mediterraneo.

Riomaggiore potrebbe interessarci per il mare, considerato pur sempre il suo affaccio. Se agli scogli trovate il pienone, il paese mutua la spiaggia di Manarola, che è anch’essa stretta e sassosa, non proprio l’ideale per gli amanti della tintarella, però sicuramente generosa di attrattive per chi pratica attività subacquee e si cimenta nella sacra arte dei tuffi. Foto a più non posso, giacché le case colorate dei manarolesi, abbarbicate sulla costa rocciosa, meritano lo sforzo di portarsi dietro l’attrezzatura.

Una terza alternativa, accessibile solo via mare, data la difficoltà di discesa dai vigneti, è la costa di falesie tra Punta Castagna e Punta del Cavo. A Punta del Cavo, in verità, il sole si può prendere da una terrazza alberata, ed anche dalla sola, ed unica, spiaggetta propriamente detta; la si raggiunge scendendo da un tratto attrezzato – però ugualmente difficoltoso, perciò divieto assoluto ai non esperti – in omonima località Canneto.

Qui, siamo di fronte ad un paesaggio a stento separabile dai documentari che sbandierano atolli e barriere coralline, ed oltre alla lingua di sabbia e sassolini, in primo piano abbiano alcune vasche naturali tra gli scogli, riempite in tempo di risacca. E la doccia è gratuita, pensate: a fine della gita potete togliervi il sale di dosso grazie allo zampillo di una piccola cascata naturale.

Vi ricordiamo che Riomaggiore fa parte sia dell’Area Marina Naturale Protetta delle Cinque Terre, racchiusa tra il Promontorio di Punta Mesco e il Capo di Montenero, sia del Parco Nazionale che omaggia il quintetto: entrambe le aree sono salvaguardate e tutelate a favore della biodiversità che le distingue. Nessun rifiuto, massimo rispetto.

Sulla testa di Capo Montenero, sorvegliante il promontorio che lambisce Punta Mesco, avvicinatevi a Torre Guardiola, già centro per l’osservazione naturalistica e, un tempo, area inclusa nella fortificazione, com’è ovvio immaginare in disuso, della Regia Marina. La zona, comunemente conosciuta dai Riomaggioresi come Batteria – intitolata a Carlo Alberto Racchia –, è oggetto di una massiccia opera di recupero. Per tutto l’areale restano visitabili le postazioni di tiro, che sono poi i volgarmente detti “bunker”, il cunicolo da cui si accede alla polveriera e le varie scalette che collegano i diversi settori.

Per chi se lo stesse chiedendo, centro per l’osservazione naturalistica significa anche possibilità di appostamento per gli appassionati di bird watching, oltre a punto di particolare pregio paesaggistico con gran quantità di specie botaniche rare. Torre Guardiola ha, inoltre, ospitato, fino al 2010, il Centro di Educazione Ambientale del Parco Nazionale delle Cinque Terre.

Nella porzione di borgo più a monte, silenziosa aspetta la dimora del pittore Telemaco Signorini, che fu macchiaiolo, e che ritrasse nelle sue opere il posto dove visse e lavorò per un considerevole periodo della sua carriera.

Ulteriore luogo d’interesse non raggiungibile in auto, ma solo attraverso alcuni sentieri, e sempre a ridosso del paese, il santuario di Nostra Signora di Montenero, eretto tra il XI e l’XIII secolo e dotato di foresteria. Costruito a tre navate divise da pilastri, e con un grande portico a cinque arcate, l’edificio è stato sottoposto a varie opere di rifacimento, assumendo la forma attuale solo in tempi abbastanza recenti. Ci si arriva per mezzo di un pullman che da Riomaggiore, in direzione Biassa, ferma esattamente sotto la collina di Montenero. Nota bene: il Santuario di Montenero è costola, insieme al Santuario di Nostra Signora della Salute a Manarola, e ai santuari di Nostra Signora delle Grazie e di Nostra Signora di Reggio a Vernazza, così come di Nostra Signora di Soviore a Monterosso, della “Via dei Santuari”, altro importante tracciato, da finire tutto d’un fiato e a piedi o in mountain bike, presente alle Cinque Terre.

San Giovanni Battista, patrono della città, ha una chiesa assai suggestiva a lui dedicata. Ubicata nella parte alta del centro storico riomaggiorese, opera dei Maestri Antelami, fa bella mostra di una facciata in stile neogotico, forse un po’ cupa, ma rimanendo per intero fedele ai complessi romanici. Occhieggia un rosone in marmo bianco che stempera, offrendoci, dunque, non solo i tratti dell’architettura che diede i natali alla chiesa, su suggerimento di Antonio Fieschi, ma anche di altri “collage” architettonici. Non perde fascino neanche all’interno, perché vi troviamo opere di calibro tra le quali un dipinto raffigurante la Predicazione di Giovanni Battista, attribuita a Domenico Fiasella.

Del 1500 è l’Oratorio dei Santi Rocco e Sebastiano, realizzato negli immediati pressi del castello di Riomaggiore, di cui a breve vi parleremo. Nacque come lazzaretto dove i malati di peste potessero trovare rifugio, durante la quarantena, relativamente piccolo, a dirla tutta, e posto sul crinale che separa le due valli di Riomaggiore. La cappella, di per sé, i costituisce di un’unica sala coperta da una volta a botte ribassata, decorata con affreschi devozionali. La struttura, pertanto, fa un po’ da apripista alla magnificenza del bastione che la sovrasta, posto a guardia di una cengia che, subito buttato l’occhio verso il cielo, domina viavai e panorami.

Pronti, arriviamo alle due torri circolari del “Castellazzo” di Riomaggiore, che secondo le mappe si trova arroccato sul colle Cerricò; il corpo, risalente al 1260 e di facile accesso se salite seguendo una stradina che parte dalla stazione ferroviaria, si completa della cinta muraria e di una scalinata esterna con belvedere, sopra la quale scintilla un grande orologio tondo, proprio al centro della facciata. Attualmente, è utilizzato dall’amministrazione come centro culturale e sede di congressi.

Ricettività, turismo ed eventi

Il dualismo di Riomaggiore, che da lunga data crea un legame indissolubile tra le colline e l’uomo, e il mare a fare da sfondo, permette un tipo di ricettività davvero vario, e mai noioso, nonostante lo circoscriva il cosiddetto minuscolo spazio vitale.

L’uva, “star” indiscussa e non soltanto relegata ad appezzamenti e vecchie cantine, viene coltivata su pergoli mediamente a non più di un metro dal suolo, capace, in conseguenza, di accontentarsi dello spazio esiguo, ed anche umettata dalla giusta esposizione di luce e salsedine, elemento essenziale per ottenere un mosto eccellente, altresì scrematura naturale per ottenere i chicchi migliori.

In paese, poiché il vino locale sostenta l’economia, possiamo osservare come l’oro giallo venga trasportato a spalla mediante ceste, fino ai laboratori di fermentazione e al successivo imbottigliamento; per ovviare alle distanze da percorrere, spesso anche in verticale, buttate l’occhio alle monorotaie a cremagliera che, di quando in quando, si profilano nella macchia, il tutto nel pieno riguardo dell’ambiente.

Fino a una ventina d’anni fa, si era soliti organizzare la Sagra dell’Uva, una sfida tra le varie contrade che, fortunatamente, si è deciso di “riesumare”. Amatissima dalla gente del luogo, diventa collante e momento di ritrovo, in particolare durante la “cena paesana”. Mini vendemmia per i bambini del paese, mostre, concerti e sfilate; accorrete a goderne in periodo di vendemmia.

Senza dimenticarci l’altro fattore di appeal che chiama a Riomaggiore, da ogni continente, gli amanti del vino, prenotate le vostre visite e degustazioni personali, assaggiando creazioni di pregevole nomea, incluso il famoso Sciacchetrà. La “Cantina Sociale Cinque Terre” è il punto di riferimento, in questa circostanza, disponibile a ricevervi nel weekend e, previa richiesta anticipata, in settimana.

A Riomaggiore e nelle zone limitrofi è possibile chiedere di “affittare” i cavalli per un pomeriggio di passeggio e contemplazione, basta rivolgersi al Centro di Turismo Equestre, ovvero l’ente che si occupa del noleggio, tanto più di accompagnare gli escursionisti lungo i percorsi a seconda delle difficoltà. Per la gamma di servizi di cui è l’ente-parco a rispondere, consultante il calendario delle escursioni (con guide preparate) alla scoperta del paesaggio vitivinicolo dell’Area Protetta, da Maggio a Ottobre – e munitevi della Cinque Terre Walking Park.

Se il bosco non tocca le corde del vostro cuore, gite turistiche in battello collegano Riomaggiore non unicamente ai principali punti di approdo del Levante, ma puntano alla costa di Sestri Levante e Portofino. Lodevoli gli itinerari dei tour in barca con “incluso” l’aperitivo, si beve, si mangiucchia, si prende il fresco sulla pilotina attraverso tutta la popò di flora e fauna ittica delle Cinque Terre.

Il 2 giugno, grandi celebrazioni per il patrono della città, San Giovanni Battista, con una processione articolata nei maggiori punti di ritrovo del paese. La domenica di pentecoste, i locali rendono grazia al Santuario della Madonna di Montenero.

Il 15 agosto, invece, abbiamo la Festa della Confraternita dell’Assunta a Riomaggiore.

Durante il periodo natalizio, posizionato neanche fosse un gioiello, il “Presepe Luminoso di Manarola”, a distanze veramente esigue, attirerà lo sguardo dei più audaci.

Una notizia curiosa: Riomaggiore lo conoscono nel Guinness dei Primati, è il primo borgo italiano a essere stato dotato di un impianto televisivo via cavo, collegato a un’unica antenna parabolica ricevente. Portandosi avanti, la municipalità già a quei tempi aveva vietato l’uso delle normali antenne a tetto, con l’idea di salvaguardare l’estetica del paesaggio.

Dintorni

Riomaggiore, se la volessimo confrontare con le Cinque, si attesta in qualità di “Terra per eccellenza”.

Madre e sorella altolocata, ha cresciuto adoperando la durezza di una ripa scoscesa, e la dolcezza che sa relegare un tramonto sul porticciolo, la sua popolazione dal sangue di origine “si pensa” ellenica.

Ma pensare è un termine improprio, noi ne siamo sicuri, data la tenacia con la quale i suoi abitanti si affidano a ricevere il progresso.

Riomaggiore non si definisce più un “paesino isolato”, ancora di più perché i suoi confini non sono definiti – vuoi per il confluire quasi invisibile in frazioni e località dai nomi strani, portiamo a verbale la dicitura “case sparse”, vuoi per la ricchezza di particolari assimilati in itinere, tra la Val di Vara, Levanto e Porto Venere in grado di influenzarla.

Eppure, più turisti di massa arrivano, più quella si attacca strenuamente alle tradizioni che sono e saranno sempre garanzia di protezione. Riomaggiore va protetta. E amata. Per ricevere, da pari a pari, un soggiorno che rimarrà, avanti nel futuro, dentro le cavità cittadine dei cuori di chi, forse ignaro, l’aveva ignorata.

Nessun cartografo verrà maltrattato: Riomaggiore, a nord confina con il comune di Riccò del Golfo e la Valle di Soviore, a sud con il Mar Ligure, ad ovest con Vernazza e ad est con il capoluogo, La Spezia, dal quale dista, ripetiamolo, una comoda ventina di minuti sulla litoranea.

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