Podenzana
“Contribuì generosamente alla guerra di liberazione con la partecipazione di molti suoi giovani ai primi nuclei partigiani, offrendo splendido esempio di spirito di sacrificio ed elette virtù civiche.” (1940 – 1945)
A volte, nel nostro Paese lungo e stretto, circondato sui tre lati dal mare, ci sono luoghi dove il mare non esiste, e che non pensiamo di visitare. E non perché il mare rappresenti la meta ambita, o sia il chiodo fisso, ma semplicemente per negligenza, o per riserbo… “chissà se sarà il caso di visitare quel posto lì”…
E proprio lì, vicino ad un punto particolare dove borghi e frazioni fanno l’inchino alle Alpi Apuane, si crea un’atmosfera tutta speciale, che non patisce la mancanza del grande assente marino, bensì la compenetra, luoghi dove sapientemente si creano climi, vite e lifestyle unici nel loro genere.
Pensate al Nord Italia… ma non così in alto! Pensate di scendere, staccandovi dai contrafforti alpini lombardi, e superate il pontremolese toscano sino a incontrare le prime scarpate decorate da boschi e mulattiere delle Alpi Apuane, nome indissolubilmente intrecciato con la storia dei Liguri omonimi: il turista curioso scorre l’itinerario a cavallo di un crocevia di regioni, che unisce rispettivamente la Liguria, l’Emilia e la saggia e vecchia Toscana.
Siamo nella provincia di Massa-Carrara, metà Versilia e metà ricordo di un’estate a cena dai Malaspina, dove, quando la Liguria con il suo mare la istiga e le fa il verso, allora il suo territorio le risponde e fa magie; si circonda di storia e di fortezze come non fosse mai uscita, paesaggisticamente, dall’epoca dei Granducati, con un manipolo di case, artigiani e ristoratori. Tra le sue magie ne esiste una capace di farci guardare giusto un centinaio delle loro più ricche e compatte casette, disseminate nella forma di comuni, e nella zona non solo adiacente alle Apuane, ma nella regione storica della Lunigiana, poi emblema dell’unicità del made in Italy lontano dal mare.
Dove le due regioni e un pezzo della terza, sorte al cospetto di tanti tesori, fingono di accapigliarsi: qua incontriamo il comune sparso di Podenzana.
La Lunigiana, attigua, la definiscono quella “bassa”, e rustici e pievi appartenenti a Podenzana si levano, la mattina presto, un istante dopo il sorgere vivo e sanguigno del sole, sulla destra del fiume Magra, con Aulla distante un battito di mani. Il sostantivo sparso significa che Podenzana non è cresciuto componendosi di un comune solo, definito, ma è formato da tanti piccoli nuclei abitati… una pacchia, per chi del turismo fa una religione.
Facile averne sentito parlare, di Podenzana, grazie al mito dei “panigacci”, certi singolari pani non lievitati e cotti dentro testi di terracotta, i “testelli”, preparati con l’argilla di Barco, tipica impronta della storia e della tradizione del luogo; oppure, considerarne le giornate nebbiose e gli inverni a prova di piumino, per la ricca tavola e le ricette guarnite dal pesto, dall’olio buono trafugato alle Cinque Terre, o per il sugo di funghi, le primizie e i formaggi. Podenzana, patria di golosi e buongustai.
Le due metà di territorio, una nel versante toscano, a ridosso della valle fluviale e di fronte ad Aulla, e l’altra la cui fine rappresenta l’inizio della Val di Vara, circumnavigante boschetti di castagno, gole pedemontane e parte degli ultimi terrazzamenti liguri, rendono Podenzana un vivace centro collinare collocato ad un’altitudine davvero ideale, oltre i trecento metri sul livello del mare, abbastanza da coprirsi ma non troppo da gelarsi i pollicioni.
Va da sé, a Podenzana si arriva con l’automobile – state lasciando la A15 –, utile oltretutto per spuntare la lista di località che punteggiano i tornanti verso il santuario della Madonna del Gaggio e, alle pendici del monte Castellaro, Montedivalli di cui parleremo fra poco.
Il periodo migliore per una capatina, mettiamo caso sia tra luglio e agosto, mesi che portano il calduccio, l’odore dei corredi stirati di fresco negli agriturismi, i giri in bici seguendo l’ombra delle faggete d’alta quota e la Sagra in onore del Panigaccio, una festa lunga due settimane, il cui centro nevralgico è nei pressi della chiesa di cui abbiamo parlato sopra, che coincide con il risveglio dei numerosi e gorgoglianti corsi d’acqua, delle ripe inondate dall’odore di giunchiglie, muschio ed erba medica mischiato al corbezzolo che il vento porta dal mare, ma soprattutto coinciso con la stagione turistica che meglio si confà ad un territorio punteggiato da borghi e castelli medievali, prosperato lungo la Via Francigena e le sue varianti.
A livello visivo, di conseguenza, possiamo dividere Podenzana in due centri principali: quello connesso al capoluogo e, appunto, Montedivalli, un’areale stante alla maniera di un miraggio tra i comuni di Bolano e Calice al Cornoviglio, ambedue spezzini, e di Tresana, già toscano. Ogni metà dell’abitato inteso come la totalità di Podenzana viene ulteriormente diviso entro un certo numero di piccole località-satellite. Frazioni di Podenzana, in tal senso, sono Bagni, Barco, Campana Battia, Casalina, Ceresedo, Cerghiraro, Cospedo, Faito, Ficaro, La Costa, Laghi, Lagneda, Loppiedo, Metti, Montale, Montalini, Oliveto, Serracanda, Sescafale e Villa Argentina, mentre le principali di Montedivalli le vediamo vestire i panni di Casa Borsi, Colombiera, Croce, Fogana, Pagliadiccio, Pianello, Prato, Vaggi e Genicciola. Montedivalli ospita una necropoli piena delle urne funerarie di genti liguri databili a 2500 anni fa, e si collega alla controparte di Cafaggio, nel comune di Ameglia, più quel mirabile esempio di stile romanico che è la pieve dedicata a Sant’Andrea.
Da Bagni, a Podenzana, si sale ed il turista capita nelle vicinanze del castello, un bestione cinquecentesco di proprietà privata ma soggetto principe per le foto più caratteristiche della vostra retata… ancora un po’ più avanti, la strada conduce branchi di turisti, accorsi dopo il doveroso passaparola dei primi giunti ad indagare, su per il santuario della Madonna del Gaggio, o della Neve, chiesetta candida quasi recasse l’ombra del sorriso mariano, uno dei luoghi di culto – nonché dei pellegrinaggi più sentiti d’un tempo – ed antico vanto della Lunigiana, messo a protezione di tutta la vallata del Magra. Toccato l’apice, si spazia con lo sguardo, abbracciando i ruderi del castello di Bibola, frazioncina perduta verso Aulla, una sorta di maniero ormai diroccato caro alle streghe e ai folletti di cui posti del genere, letteralmente, brulicano.
Esiste infatti una dimensione ben distinta dall’ordinario fatto di famiglie consuete, trekking e sagre e un ininterrotto saliscendi di jeep nei periodi di caccia (sostenibilissima), jeep che portano la selvaggina ai ristoranti così come la buona cucina impone, una sorta di cortina invitante, voluta per essere scansata, ed è subito carsismo e cerchi delle fate, nemmeno il turista indiscreto avesse spostato le sue attenzioni ad un Dartmoor tutto nostrano.
Podenzana giunge a noi intatta, nonostante due guerre e le contese tra i Malaspina e i Vescovi di Luni per il suo predominio. Turisti, lo avete visto, voi sapete. Podenzana è uno scivolo sulla natura dei parchi in cui le case e i relativi abitatori di case non sono altro che comparse, indispensabili, certo, amate, di sicuro, ma non i reali protagonisti; perché se Podenzana è uno scivolo, un arcobaleno verde come il rigoglio e grigio come l’ardesia, è un ponte appena più grande di quelli in pietra e malta del periodo medievale, che si getta all’interno delle bocche di montagne acuminate, chi ci spia, non visto, da sotto gli archi, sono dame e cavalieri, giovani saltimbanchi maestri di giocoleria, preti e vescovi di tutto punto agghindati scesi a miti consigli, rimasti attaccati alla loro esistenza terrena perché niente, a dire il vero, a Podenzana è cambiato. Podenzana, vi ricordiamo, si leva intatta, e ha tutto ciò di cui un mondo a parte deve disporre.
Forse accade che, mancato il mare, in Italia e alla confluenza di tre regioni i fantasmi si adoperino per colmare la sua assenza, essere mare a loro volta, stuoli delle teste meglio conosciute venuti a salutare, e può spaventare, assolutamente, può rendere cupi e tristi, perché d’inverno piove e la pancia di panigacci e marmellata piena può non bastarci, eppure, sapendoci viaggiatori, andiamo di continuo alla ricerca di fossili, scaviamo alla ricerca delle nostre radici, ci poniamo domande e perché, così, mentirci: Podenzana per chi la ama è un luogo di rimembranze, e se da turisti vogliamo conoscerla, tanto più diffondere il verbo, alle rimembranze va portato rispetto. Podenzana la rimembranza accoglie, e scivolando attraverso le vie e i chiostri, i suoi fantasmi possono al limite sorriderci, conducendoci, discreti, al mondo speculare.
A volte, nel nostro Paese lungo e stretto, circondato sui tre lati dal mare, ci sono luoghi dove il mare non esiste, e che non pensiamo di visitare. E non perché il mare rappresenti la meta ambita, o sia il chiodo fisso, ma semplicemente per negligenza, o per riserbo… “chissà se sarà il caso di visitare quel posto lì”…
E proprio lì, vicino ad un punto particolare dove borghi e frazioni fanno l’inchino alle Alpi Apuane, si crea un’atmosfera tutta speciale, che non patisce la mancanza del grande assente marino, bensì la compenetra, luoghi dove sapientemente si creano climi, vite e lifestyle unici nel loro genere.
Pensate al Nord Italia… ma non così in alto! Pensate di scendere, staccandovi dai contrafforti alpini lombardi, e superate il pontremolese toscano sino a incontrare le prime scarpate decorate da boschi e mulattiere delle Alpi Apuane, nome indissolubilmente intrecciato con la storia dei Liguri omonimi: il turista curioso scorre l’itinerario a cavallo di un crocevia di regioni, che unisce rispettivamente la Liguria, l’Emilia e la saggia e vecchia Toscana.
Siamo nella provincia di Massa-Carrara, metà Versilia e metà ricordo di un’estate a cena dai Malaspina, dove, quando la Liguria con il suo mare la istiga e le fa il verso, allora il suo territorio le risponde e fa magie; si circonda di storia e di fortezze come non fosse mai uscita, paesaggisticamente, dall’epoca dei Granducati, con un manipolo di case, artigiani e ristoratori. Tra le sue magie ne esiste una capace di farci guardare giusto un centinaio delle loro più ricche e compatte casette, disseminate nella forma di comuni, e nella zona non solo adiacente alle Apuane, ma nella regione storica della Lunigiana, poi emblema dell’unicità del made in Italy lontano dal mare.
Dove le due regioni e un pezzo della terza, sorte al cospetto di tanti tesori, fingono di accapigliarsi: qua incontriamo il comune sparso di Podenzana.
Podenzana
La Lunigiana, attigua, la definiscono quella “bassa”, e rustici e pievi appartenenti a Podenzana si levano, la mattina presto, un istante dopo il sorgere vivo e sanguigno del sole, sulla destra del fiume Magra, con Aulla distante un battito di mani. Il sostantivo sparso significa che Podenzana non è cresciuto componendosi di un comune solo, definito, ma è formato da tanti piccoli nuclei abitati… una pacchia, per chi del turismo fa una religione.
Facile averne sentito parlare, di Podenzana, grazie al mito dei “panigacci”, certi singolari pani non lievitati e cotti dentro testi di terracotta, i “testelli”, preparati con l’argilla di Barco, tipica impronta della storia e della tradizione del luogo; oppure, considerarne le giornate nebbiose e gli inverni a prova di piumino, per la ricca tavola e le ricette guarnite dal pesto, dall’olio buono trafugato alle Cinque Terre, o per il sugo di funghi, le primizie e i formaggi. Podenzana, patria di golosi e buongustai.
Le due metà di territorio, una nel versante toscano, a ridosso della valle fluviale e di fronte ad Aulla, e l’altra la cui fine rappresenta l’inizio della Val di Vara, circumnavigante boschetti di castagno, gole pedemontane e parte degli ultimi terrazzamenti liguri, rendono Podenzana un vivace centro collinare collocato ad un’altitudine davvero ideale, oltre i trecento metri sul livello del mare, abbastanza da coprirsi ma non troppo da gelarsi i pollicioni.
Va da sé, a Podenzana si arriva con l’automobile – state lasciando la A15 –, utile oltretutto per spuntare la lista di località che punteggiano i tornanti verso il santuario della Madonna del Gaggio e, alle pendici del monte Castellaro, Montedivalli di cui parleremo fra poco.
Il periodo migliore per una capatina, mettiamo caso sia tra luglio e agosto, mesi che portano il calduccio, l’odore dei corredi stirati di fresco negli agriturismi, i giri in bici seguendo l’ombra delle faggete d’alta quota e la Sagra in onore del Panigaccio, una festa lunga due settimane, il cui centro nevralgico è nei pressi della chiesa di cui abbiamo parlato sopra, che coincide con il risveglio dei numerosi e gorgoglianti corsi d’acqua, delle ripe inondate dall’odore di giunchiglie, muschio ed erba medica mischiato al corbezzolo che il vento porta dal mare, ma soprattutto coinciso con la stagione turistica che meglio si confà ad un territorio punteggiato da borghi e castelli medievali, prosperato lungo la Via Francigena e le sue varianti.
A livello visivo, di conseguenza, possiamo dividere Podenzana in due centri principali: quello connesso al capoluogo e, appunto, Montedivalli, un’areale stante alla maniera di un miraggio tra i comuni di Bolano e Calice al Cornoviglio, ambedue spezzini, e di Tresana, già toscano. Ogni metà dell’abitato inteso come la totalità di Podenzana viene ulteriormente diviso entro un certo numero di piccole località-satellite. Frazioni di Podenzana, in tal senso, sono Bagni, Barco, Campana Battia, Casalina, Ceresedo, Cerghiraro, Cospedo, Faito, Ficaro, La Costa, Laghi, Lagneda, Loppiedo, Metti, Montale, Montalini, Oliveto, Serracanda, Sescafale e Villa Argentina, mentre le principali di Montedivalli le vediamo vestire i panni di Casa Borsi, Colombiera, Croce, Fogana, Pagliadiccio, Pianello, Prato, Vaggi e Genicciola. Montedivalli ospita una necropoli piena delle urne funerarie di genti liguri databili a 2500 anni fa, e si collega alla controparte di Cafaggio, nel comune di Ameglia, più quel mirabile esempio di stile romanico che è la pieve dedicata a Sant’Andrea.
Da Bagni, a Podenzana, si sale ed il turista capita nelle vicinanze del castello, un bestione cinquecentesco di proprietà privata ma soggetto principe per le foto più caratteristiche della vostra retata… ancora un po’ più avanti, la strada conduce branchi di turisti, accorsi dopo il doveroso passaparola dei primi giunti ad indagare, su per il santuario della Madonna del Gaggio, o della Neve, chiesetta candida quasi recasse l’ombra del sorriso mariano, uno dei luoghi di culto – nonché dei pellegrinaggi più sentiti d’un tempo – ed antico vanto della Lunigiana, messo a protezione di tutta la vallata del Magra. Toccato l’apice, si spazia con lo sguardo, abbracciando i ruderi del castello di Bibola, frazioncina perduta verso Aulla, una sorta di maniero ormai diroccato caro alle streghe e ai folletti di cui posti del genere, letteralmente, brulicano.
Esiste infatti una dimensione ben distinta dall’ordinario fatto di famiglie consuete, trekking e sagre e un ininterrotto saliscendi di jeep nei periodi di caccia (sostenibilissima), jeep che portano la selvaggina ai ristoranti così come la buona cucina impone, una sorta di cortina invitante, voluta per essere scansata, ed è subito carsismo e cerchi delle fate, nemmeno il turista indiscreto avesse spostato le sue attenzioni ad un Dartmoor tutto nostrano.
Podenzana giunge a noi intatta, nonostante due guerre e le contese tra i Malaspina e i Vescovi di Luni per il suo predominio. Turisti, lo avete visto, voi sapete. Podenzana è uno scivolo sulla natura dei parchi in cui le case e i relativi abitatori di case non sono altro che comparse, indispensabili, certo, amate, di sicuro, ma non i reali protagonisti; perché se Podenzana è uno scivolo, un arcobaleno verde come il rigoglio e grigio come l’ardesia, è un ponte appena più grande di quelli in pietra e malta del periodo medievale, che si getta all’interno delle bocche di montagne acuminate, chi ci spia, non visto, da sotto gli archi, sono dame e cavalieri, giovani saltimbanchi maestri di giocoleria, preti e vescovi di tutto punto agghindati scesi a miti consigli, rimasti attaccati alla loro esistenza terrena perché niente, a dire il vero, a Podenzana è cambiato. Podenzana, vi ricordiamo, si leva intatta, e ha tutto ciò di cui un mondo a parte deve disporre.
Forse accade che, mancato il mare, in Italia e alla confluenza di tre regioni i fantasmi si adoperino per colmare la sua assenza, essere mare a loro volta, stuoli delle teste meglio conosciute venuti a salutare, e può spaventare, assolutamente, può rendere cupi e tristi, perché d’inverno piove e la pancia di panigacci e marmellata piena può non bastarci, eppure, sapendoci viaggiatori, andiamo di continuo alla ricerca di fossili, scaviamo alla ricerca delle nostre radici, ci poniamo domande e perché, così, mentirci: Podenzana per chi la ama è un luogo di rimembranze, e se da turisti vogliamo conoscerla, tanto più diffondere il verbo, alle rimembranze va portato rispetto. Podenzana la rimembranza accoglie, e scivolando attraverso le vie e i chiostri, i suoi fantasmi possono al limite sorriderci, conducendoci, discreti, al mondo speculare.