Mulazzo
“ContribuĂŹ generosamente alla guerra di liberazione con la partecipazione di molti suoi giovani ai primi nuclei partigiani, offrendo splendido esempio di spirito di sacrificio ed elette virtĂš civiche.” (1940 – 1945)

Di fondazione anteriore al Mille, arroccata su di un erto colle posto a controllo della piana alta della Magra, Mulazzo, con la grande divisione dinastica operata da quel Corrado Malaspina indicato da Dante come âlâAnticoâ (Pur VIII 119), nel 1221 fu elevata al ruolo di capitale del ramo di estrazione ghibellina del Casato detto dello âSpino Seccoâ, comprendente i territori di Villafranca e di Giovagallo. Con la successiva spartizione operata dai figli dellâAntico, avvenuta nel 1266, il feudo assunse la dignitĂ di marchesato. Per Mulazzo essere il centro politico dellâintero ramo imperiale non significava soltanto assumere una precisa veste istituzionale, ma anche rappresentare la corte di riferimento per la secolare tradizione di ospitalitĂ ai poeti esuli.Â
I Malaspina, infatti, erano tra i principali mecenati europei dei troubadour, i poeti erranti provenzali. Originata presso la sede avita di Oramala, in Val di StĂ ffora, la tradizione proseguĂŹ presso Franceschino, il reggente di Mulazzo allâepoca della venuta di Dante, cui Sennuccio del Bene, esule ed ospite a Mulazzo proprio come Dante, dedicò la chiusa della canzone âDa poi châiâ ho perduta ogni speranzaâ:Â
ÂŤE prima che tu passi Lunigiana
Ritroverai Marchese Franceschino
E con dolce latino
Gli dĂŹ che alquanto in lui spero
E come lontananza mi confonde,
Priegal che sappi ciò che ti risponde.
La figura di Franceschino non trova menzione nella Divina Commedia, ma a celebrazione indiscutibile del feudo resta lâappellativo dantesco attribuito al nonno in Pur VIII 119:
Fui chiamato Corrado Malaspina;
non son lâAntico, ma di lui discesi:
Assieme a Obizzo il Grande, lâAntico (da scriversi rigorosamente con la maiuscola) è certo da indicare come uno dei massimi esponenti della famiglia malaspiniana. Egli fu genero dello stupor mundi, lâimperatore Federico II, poichĂŠ una tradizione accreditata vuole che ne abbia sposato la figlia naturale Costanza. Di lui sappiamo che fu ghibellino accanito: fedelissimo servitore dellâImpero, combattĂŠ al fianco dellâimperatore e gli salvò la vita nella disfatta di Vittoria nel 1248.Â
LâAntico, in quanto artefice della rivoluzionaria scissione della marca, fu il probabile committente dei due Stemmi familiari (lo Spino Secco e lo Spino Fiorito), i quali si è scoperto che possono essere ricondotti allâopera dei maestri fondatori del movimento trobadorico, Guglielmo IX dâAquitania e Jaufre Rudel, per il tramite di Guilhem de la Tor, cantore di aperte simpatie ghibelline attivo tra i castelli di Oramala, in Val di Staffora, e la corte di Mulazzo intorno a quel fatidico 1221.Â
Autore della Treva, canzone allegorica che fu continuazione di un canto perduto di Aimeric de Peguilhan, Guilhem de la Tor eterna Selvaggia e Beatrice â le figlie dellâAntico â nella finzione dâuna disputa di palazzo: le fanciulle si contendono la palma di reginetta di virtĂš. Ebbene, quale sarebbe stata la âDonnaâ, cioè la Corte, piĂš virtuosa: la Marca dello âSpino Seccoâ, ghibellina, o lâaltra, guelfa, dello âSpino Fioritoâ? Le due sorelle, ovviamente, erano i soggetti migliori per una pace che si voleva del tutto ânaturaleâ: la speculazione alchemica sviluppata dal trobadour vuole che i due opposti (il Papa e lâImperatore) si trasformino in elementi complementari ed inscindibili nella composizione aurea di quellâunica medaglia che è il Buon Governo del Mondo. CosĂŹ la âTrevaâ, cioè la âtreguaâ, sancita dallâarte iniziatica del cantore, novello Virgilio, si faceva profezia inconsapevole di una rinnovata Lieta Novella, la Pax Dantis. Dante, infatti, in Pur VIII, non farĂ altro che sostituire le fanciulle con i due splendidi ÂŤastor celestialiÂť a guardia della Nobile Valletta, tanto luminosi in volto da prefigurare i ÂŤdue SoliÂť fatali di Pur XVI. Sempre loro, naturalmente: il Papa e lâImperatore.Â
I due stemmi, perciò, nel farsi espressione del fondamento sapienziale dellâequilibrio degli opposti, ci insegnano che alla base della divisione del Casato ci fu lâidea di dotarsi strategicamente sia della posizione guelfa che di quella ghibellina non per sprofondare nella sterile, nefasta diatriba che stava attanagliando lâEuropa intera, ma al fine di incrementare il valore di insieme della Marca. Con ciò i Malaspina vengono restituiti alla Storia con la dignitĂ che loro compete: non piĂš volgari signorotti trattati alla stregua di ladri di polli da una pletora di accademici parrucconi e da storici improvvisati, ma autentici reggenti illuminati in tutto degni dellâElogio assoluto di Dante.
In quanto capitale dello Spino Secco, il borgo di Mulazzo è da considerare il luogo di riferimento dellâospitalitĂ dantesca in Lunigiana. Si dirĂ perciò che Mulazzo è la Residenza Ufficiale di Dante in Lunigiana, mentre Villafranca e Giovagallo furono frequentati domicili. Â
In questâordine di idee, se è vero che il grande artefice della venuta del Sommo in Val di Magra è da considerare Moroello II di Giovagallo (non a caso quel feudo è onorato due volte nel Poema, con la citazione di lui e della moglie Alagia Fieschi), è a Franceschino di Mulazzo che va riconosciuto il ruolo di maggior ospite di Dante. Sappiamo che egli rappresentò il vero fulcro dellâintera organizzazione interna dello Spino Secco. Nel 1296 si fece promotore di un patto in cui è facile intravvedere lâintenzione di estendere allâintero Stemma quel principio di tutela del patrimonio familiare che fu imposto per volontĂ testamentaria da Corrado il Giovane di Villafranca (cosa per cui Dante lo immagina in penitenza presso lâAntipurgatorio) e il 6 ottobre del 1306 fu proprio lui, non altri, a conferire a Dante la procura in bianco, per sĂŠ e per i cugini di Villafranca (ove gli eredi del feudo erano poco piĂš che ragazzi), affinchĂŠ si pervenisse finalmente alla risoluzione della secolare vertenza con il vescovo-conte di Luni. In quella stessa occasione, per iniziativa di Dante, egli divenne impegnato ad ottenere la ratifica dellâaccordo da parte del marchese di Giovagallo, poi puntualmente concessa. A conferma della statura non ordinaria del personaggio va infine considerato che nel 1307 â nonostante fosse rimasto sempre coerentemente legato alla causa ghibellina â il vecchio nemico Antonio Nuvolone da Camilla chiamò Franceschino ad assumere il ruolo di proprio curatore testamentario.Â
Nellâintero comprensorio di Mulazzo il genius loci dantesco si è pienamente manifestato nella tradizione del Canto del Maggio e nel fenomeno straordinario dei cosiddetti âLibrai pontremolesiâ. Nel Borgo Storico Monumentale, paese natio di Alessandro Malaspina (1754-1810), grandissimo navigatore e scienziato, sono di estremo interesse diverse emergenze che fanno dellâintero sistema un unico Parco Dantesco.Â
Innanzitutto è da annoverare la grande base poligonale della torre degli obertenghi. Detta Torre di Dante per una antica e radicata memoria popolare, essa è parte integrante della Zona Dantesca voluta da Livio Galanti, grande dantista e indimenticabile sindaco del borgo al tempo delle celebrazioni del 1965. Sotto la Torre una tradizione certamente fallace, anche se accolta in un atto notarile di compravendita ottocentesco, indicava come âCasa di Danteâ una improponibile costruzione rurale. LĂŹ accanto, di una bellezza discreta ma altissima si staglia sullo sfondo degli splendidi contrafforti appenninici, la sagoma del Dante, ultima opera del maestro carrarese Arturo Dazzi (1966). Anchâessa commissionata da Livio Galanti per il VII Centenario della nascita del Poeta, il monumento rappresenta lâoriginalissima idealizzazione di un âDante madreâ, poichĂŠ il Poeta è ben raffigurato nellâatto di tenere stretto a sĂŠ in grembo il Libro della Commedia a moâ di propria creatura.Â
PiĂš in basso, nella splendida cornice di una casa-torre le cui fondamenta risalgono al XIII secolo, nel piano nobile dellâantichissima struttura caratterizzato da una splendida trifora e un soffitto con gigantesche travi di castagno, si trova la Casa di Dante in LunigianaÂŽ, struttura polivalente del Centro Lunigianese di Studi Danteschi (CLSD). Sulla parete ovest delle mura esterne sta lâEpigrafe del Centenario a memoria dellâAnno Dantesco del 2006, dedicata a Livio Galanti e in laude del Canto VIII del Purgatorio. Da ammirare, ancora, lâeccezionalitĂ di un epitaffio datato datata 1338, tuttora ben conservato, giĂ un tempo attribuito ad un figlio spurio di Cino da Pistoia. Lâipotesi, particolarmente affascinante è stata ritenuta priva di fondamento in un lavoro tuttavia assai datato. In realtĂ un incontro in Mulazzo tra Dante ed il devotissimo amico poeta è da considerare praticamente certo. Cino, infatti, era in rapporti di stretta amicizia con il marcheseÂ
Moroello II di Giovagallo, capitano del Popolo a Pistoia nei primi mesi del 1306, e va senzâaltro considerato come lâartefice piĂš accreditato della venuta di Dante in Lunigiana.Â
Infine, lâintero borgo è oggi contrassegnato dalla Via DantisÂŽ, un itinerario che, sulla falsa riga della Via Crucis, permette, attraverso nove Stazioni per otto Canti fondamentali, di attraversare lâintero poema della CristianitĂ dalla âselva oscuraâ alla âvisio Deiâ: una vera Odissea ai confini della Divina Commedia che va a costituisce un vero unicum nella storia secolare della lectura dantis. Gli altorilievi in marmo bianco di Carrara sono stati realizzati dal maestro Giampietro Paolo Paita sui soggetti ideati dal CLSD.
Di fondazione anteriore al Mille, arroccata su di un erto colle posto a controllo della piana alta della Magra, Mulazzo, con la grande divisione dinastica operata da quel Corrado Malaspina indicato da Dante come âlâAnticoâ (Pur VIII 119), nel 1221 fu elevata al ruolo di capitale del ramo di estrazione ghibellina del Casato detto dello âSpino Seccoâ, comprendente i territori di Villafranca e di Giovagallo. Con la successiva spartizione operata dai figli dellâAntico, avvenuta nel 1266, il feudo assunse la dignitĂ di marchesato. Per Mulazzo essere il centro politico dellâintero ramo imperiale non significava soltanto assumere una precisa veste istituzionale, ma anche rappresentare la corte di riferimento per la secolare tradizione di ospitalitĂ ai poeti esuli.
Mulazzo
I Malaspina, infatti, erano tra i principali mecenati europei dei troubadour, i poeti erranti provenzali. Originata presso la sede avita di Oramala, in Val di StĂ ffora, la tradizione proseguĂŹ presso Franceschino, il reggente di Mulazzo allâepoca della venuta di Dante, cui Sennuccio del Bene, esule ed ospite a Mulazzo proprio come Dante, dedicò la chiusa della canzone âDa poi châiâ ho perduta ogni speranzaâ:
ÂŤE prima che tu passi Lunigiana
Ritroverai Marchese Franceschino
E con dolce latino
Gli dĂŹ che alquanto in lui spero
E come lontananza mi confonde,
Priegal che sappi ciò che ti risponde.
La figura di Franceschino non trova menzione nella Divina Commedia, ma a celebrazione indiscutibile del feudo resta lâappellativo dantesco attribuito al nonno in Pur VIII 119:
Fui chiamato Corrado Malaspina;
non son lâAntico, ma di lui discesi:
Assieme a Obizzo il Grande, lâAntico (da scriversi rigorosamente con la maiuscola) è certo da indicare come uno dei massimi esponenti della famiglia malaspiniana. Egli fu genero dello stupor mundi, lâimperatore Federico II, poichĂŠ una tradizione accreditata vuole che ne abbia sposato la figlia naturale Costanza. Di lui sappiamo che fu ghibellino accanito: fedelissimo servitore dellâImpero, combattĂŠ al fianco dellâimperatore e gli salvò la vita nella disfatta di Vittoria nel 1248.
LâAntico, in quanto artefice della rivoluzionaria scissione della marca, fu il probabile committente dei due Stemmi familiari (lo Spino Secco e lo Spino Fiorito), i quali si è scoperto che possono essere ricondotti allâopera dei maestri fondatori del movimento trobadorico, Guglielmo IX dâAquitania e Jaufre Rudel, per il tramite di Guilhem de la Tor, cantore di aperte simpatie ghibelline attivo tra i castelli di Oramala, in Val di Staffora, e la corte di Mulazzo intorno a quel fatidico 1221.
Autore della Treva, canzone allegorica che fu continuazione di un canto perduto di Aimeric de Peguilhan, Guilhem de la Tor eterna Selvaggia e Beatrice â le figlie dellâAntico â nella finzione dâuna disputa di palazzo: le fanciulle si contendono la palma di reginetta di virtĂš. Ebbene, quale sarebbe stata la âDonnaâ, cioè la Corte, piĂš virtuosa: la Marca dello âSpino Seccoâ, ghibellina, o lâaltra, guelfa, dello âSpino Fioritoâ? Le due sorelle, ovviamente, erano i soggetti migliori per una pace che si voleva del tutto ânaturaleâ: la speculazione alchemica sviluppata dal trobadour vuole che i due opposti (il Papa e lâImperatore) si trasformino in elementi complementari ed inscindibili nella composizione aurea di quellâunica medaglia che è il Buon Governo del Mondo. CosĂŹ la âTrevaâ, cioè la âtreguaâ, sancita dallâarte iniziatica del cantore, novello Virgilio, si faceva profezia inconsapevole di una rinnovata Lieta Novella, la Pax Dantis. Dante, infatti, in Pur VIII, non farĂ altro che sostituire le fanciulle con i due splendidi ÂŤastor celestialiÂť a guardia della Nobile Valletta, tanto luminosi in volto da prefigurare i ÂŤdue SoliÂť fatali di Pur XVI. Sempre loro, naturalmente: il Papa e lâImperatore.
I due stemmi, perciò, nel farsi espressione del fondamento sapienziale dellâequilibrio degli opposti, ci insegnano che alla base della divisione del Casato ci fu lâidea di dotarsi strategicamente sia della posizione guelfa che di quella ghibellina non per sprofondare nella sterile, nefasta diatriba che stava attanagliando lâEuropa intera, ma al fine di incrementare il valore di insieme della Marca. Con ciò i Malaspina vengono restituiti alla Storia con la dignitĂ che loro compete: non piĂš volgari signorotti trattati alla stregua di ladri di polli da una pletora di accademici parrucconi e da storici improvvisati, ma autentici reggenti illuminati in tutto degni dellâElogio assoluto di Dante.
In quanto capitale dello Spino Secco, il borgo di Mulazzo è da considerare il luogo di riferimento dellâospitalitĂ dantesca in Lunigiana. Si dirĂ perciò che Mulazzo è la Residenza Ufficiale di Dante in Lunigiana, mentre Villafranca e Giovagallo furono frequentati domicili. Â
In questâordine di idee, se è vero che il grande artefice della venuta del Sommo in Val di Magra è da considerare Moroello II di Giovagallo (non a caso quel feudo è onorato due volte nel Poema, con la citazione di lui e della moglie Alagia Fieschi), è a Franceschino di Mulazzo che va riconosciuto il ruolo di maggior ospite di Dante. Sappiamo che egli rappresentò il vero fulcro dellâintera organizzazione interna dello Spino Secco. Nel 1296 si fece promotore di un patto in cui è facile intravvedere lâintenzione di estendere allâintero Stemma quel principio di tutela del patrimonio familiare che fu imposto per volontĂ testamentaria da Corrado il Giovane di Villafranca (cosa per cui Dante lo immagina in penitenza presso lâAntipurgatorio) e il 6 ottobre del 1306 fu proprio lui, non altri, a conferire a Dante la procura in bianco, per sĂŠ e per i cugini di Villafranca (ove gli eredi del feudo erano poco piĂš che ragazzi), affinchĂŠ si pervenisse finalmente alla risoluzione della secolare vertenza con il vescovo-conte di Luni. In quella stessa occasione, per iniziativa di Dante, egli divenne impegnato ad ottenere la ratifica dellâaccordo da parte del marchese di Giovagallo, poi puntualmente concessa. A conferma della statura non ordinaria del personaggio va infine considerato che nel 1307 â nonostante fosse rimasto sempre coerentemente legato alla causa ghibellina â il vecchio nemico Antonio Nuvolone da Camilla chiamò Franceschino ad assumere il ruolo di proprio curatore testamentario.
Nellâintero comprensorio di Mulazzo il genius loci dantesco si è pienamente manifestato nella tradizione del Canto del Maggio e nel fenomeno straordinario dei cosiddetti âLibrai pontremolesiâ. Nel Borgo Storico Monumentale, paese natio di Alessandro Malaspina (1754-1810), grandissimo navigatore e scienziato, sono di estremo interesse diverse emergenze che fanno dellâintero sistema un unico Parco Dantesco.
Innanzitutto è da annoverare la grande base poligonale della torre degli obertenghi. Detta Torre di Dante per una antica e radicata memoria popolare, essa è parte integrante della Zona Dantesca voluta da Livio Galanti, grande dantista e indimenticabile sindaco del borgo al tempo delle celebrazioni del 1965. Sotto la Torre una tradizione certamente fallace, anche se accolta in un atto notarile di compravendita ottocentesco, indicava come âCasa di Danteâ una improponibile costruzione rurale. LĂŹ accanto, di una bellezza discreta ma altissima si staglia sullo sfondo degli splendidi contrafforti appenninici, la sagoma del Dante, ultima opera del maestro carrarese Arturo Dazzi (1966). Anchâessa commissionata da Livio Galanti per il VII Centenario della nascita del Poeta, il monumento rappresenta lâoriginalissima idealizzazione di un âDante madreâ, poichĂŠ il Poeta è ben raffigurato nellâatto di tenere stretto a sĂŠ in grembo il Libro della Commedia a moâ di propria creatura.
PiĂš in basso, nella splendida cornice di una casa-torre le cui fondamenta risalgono al XIII secolo, nel piano nobile dellâantichissima struttura caratterizzato da una splendida trifora e un soffitto con gigantesche travi di castagno, si trova la Casa di Dante in LunigianaÂŽ, struttura polivalente del Centro Lunigianese di Studi Danteschi (CLSD). Sulla parete ovest delle mura esterne sta lâEpigrafe del Centenario a memoria dellâAnno Dantesco del 2006, dedicata a Livio Galanti e in laude del Canto VIII del Purgatorio. Da ammirare, ancora, lâeccezionalitĂ di un epitaffio datato datata 1338, tuttora ben conservato, giĂ un tempo attribuito ad un figlio spurio di Cino da Pistoia. Lâipotesi, particolarmente affascinante è stata ritenuta priva di fondamento in un lavoro tuttavia assai datato. In realtĂ un incontro in Mulazzo tra Dante ed il devotissimo amico poeta è da considerare praticamente certo. Cino, infatti, era in rapporti di stretta amicizia con il marchese
Moroello II di Giovagallo, capitano del Popolo a Pistoia nei primi mesi del 1306, e va senzâaltro considerato come lâartefice piĂš accreditato della venuta di Dante in Lunigiana.
Infine, lâintero borgo è oggi contrassegnato dalla Via DantisÂŽ, un itinerario che, sulla falsa riga della Via Crucis, permette, attraverso nove Stazioni per otto Canti fondamentali, di attraversare lâintero poema della CristianitĂ dalla âselva oscuraâ alla âvisio Deiâ: una vera Odissea ai confini della Divina Commedia che va a costituisce un vero unicum nella storia secolare della lectura dantis. Gli altorilievi in marmo bianco di Carrara sono stati realizzati dal maestro Giampietro Paolo Paita sui soggetti ideati dal CLSD.
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