Fosdinovo
“Una presenza di Dante […] è […] non solo possibile, ma addirittura storicamente richiesta” (Livio Galanti, Dante e il Castello di Fosdinovo)
Tra le orme di Dante in Lunigiana quella di Fosdinovo è una presenza fortemente voluta dai poeti. Fu soprattutto Giovanni Fantoni (1755 – 1807), da Fivizzano, un acceso sostenitore del soggiorno dell’Alighieri nel poderoso castello del borgo. Al D’annunzio piacque credere che la vista che da lassù si può godere delle Alpi Apuane abbia ispirato al Sommo alcune mirabili figurazioni della Città di Dite.
Contro l’idea dell’ospitalità dantesca si usa qui obiettare che il castello fu malaspiniano soltanto in epoca posteriore
alla morte di Dante. L’opinione del Centro Lunigianese di Studi Danteschi è che Dante – ospite certo in Lunigiana di tutti i castelli dello Spino Secco – non soltanto dovette essere accolto, nell’ambito di una necessaria quanto intensa azione diplomatica, anche presso le più importanti sedi del potere vescovile e le maggiori corti di area guelfa (i castelli dello Spino Fiorito), ma anche presso alcuni alti protettorati del presule lunense, tra i quali si annovera senz’altro Fosdinovo. La dimostrazione è insita nella citazione nel Preambolo degli Atti della Pace di Castelnuovo dei «nobili […] Puccio e Francino de La Musca», al tempo signori di Fosdinovo.
In forza di ciò, la questione dell’Orma fosdinovese deve essere considerata risolta: qui, come scrisse il Galanti, «una presenza di Dante […] è […] non solo possibile, ma addirittura storicamente richiesta». Certamente fasulla, invece, è la tradizione della famosa stanzetta del poeta allestita nel castello presso una torre di fattura cinquecentesca; si tratta di un falso storico frutto degli spiccati intenti campanilistici che seguirono all’onda emotiva prodotta dalla scoperta dei documenti della “Pace di Dante” (1765).
Sono invece di alto valore artistico gli Affreschi Malaspiniani in stile giottesco realizzati dal fiorentino Gaetano Bianchi (1882): le opere illustrano con grande fascino le gesta degli antichi condottieri malaspiniani e alcune scene storiche inerenti la presenza di Dante in Lunigiana, tra cui spicca quella della Leggenda dei primi sette canti dell’Inferno, riportata dal Boccaccio: le preziose carte, rinvenute da parenti a Firenze, sarebbero state rimesse nella mani del poeta per il tramite di Moroello II Malaspina, marchese di Giovagallo.